Si ’sta voce te scéta ’int’a nuttata, mentre t’astrigne ’o sposo tujo vicino,
statte scetata, si vuo’ sta scetata, ma fa’ vedé ca duorme a suonno chino.
Nun ghí vicino ê llastre pe’ fá ’a spia, pecché nun puó sbagliá ’sta voce è ’a mia…
È ’a stessa voce ’e quanno tutt’e duje, scurnuse, nce parlávamo cu ’o vvuje.
Si ’sta voce te canta dint’ ’o core, chello ca nun te cerco e nun te dico:
tutt’ ’o turmiento ’e ’nu luntano ammore, tutto ll’ammore ’e ’nu turmiento antico…
Serenata senza nome, come l’intero ciclo del commissario Ricciardi, ci riporta indietro nel tempo. Siamo nell’ottobre del ’32, in un autunno particolarmente rigido, e Voce ‘e notte fa da colonna sonora e da trama del testo. Questa volta de Giovanni ci rende testimoni di un episodio struggente, che ha come tema la perdita. I toni della narrazione sono delicati e la scrittura aulica ma dai tratti ben definiti, a volte incisiva. Non mancano forti prove di coraggio e lealtà. Molti passaggi sono un uragano di emozioni che lasciano senza fiato e il vortice coinvolge il lettore, facendolo appassionare alle sorti dei personaggi seriali ma anche a quelli nuovi, senza mai stancarlo.
Napoli, come sempre, fa da protagonista centrale: una Napoli sfuggente come la storia, che è sfondo animato.
In questo capitolo conosciamo Vincenzo, un ragazzo costretto a scegliere di lasciare Napoli e la sua Cettina per sfuggire alla chiamata alle armi, per il quale l’unica soluzione è l’America. Un viaggio per fuggire alla guerra e alla miseria, con la speranza di una vita migliore. Una scelta lacerante. Vincenzo è consapevole di lasciare l’amore, ma spera e crede di tornare presto ed è convinto di trovare le cose esattamente come le lascia.
“Cettina lo fissò, gli occhi arrossati ed enormi.
– Io non lo so se ti aspetto Vincè. Io voglio una casa, voglio dei figli. Non voglio passare la gioventù guardando il mare e aspettando una lettera. Se parti adesso, non lo posso sapere se mi trovi quando torni.
Vincenzo strinse le labbra, retrocedendo come se fosse stato schiaffeggiato. Annuì e disse:
– Io torno a prenderti Cettì. Io torno a prenderti. Ti conviene aspettarmi.
La prese per le spalle e la baciò, con la furia disperata della perdita.
Poi scappò via”.
Rincontriamo Bianca, argomento ricorrente nei salotti dell’aristocrazia napoletana dell’epoca: che ci fa lo schivo commissario Ricciardi con la contessa di Roccaspina? Tante le maldicenze che rumorosamente passano di bocca in bocca, ma Bianca è ben lieta di aver dato una mano al commissario, come abbiamo visto nel precedente capitolo “Anime di vetro”, quando Ricciardi rischiò di essere mandato al confino, e grazie al pronto intervento della contessa Bianca Borgati e al duca Marangolo, riuscì a salvarsi.
“La contessa divenne seria e gli sfiorò una mano con le dita guantate.
– Ascoltami, per piacere. Io benedico l’istante in cui ho deciso di venire a cercarti. Se non fosse stato per te, per quello che hai fatto, ora sarei disperata, chiusa in casa in preda a dubbi e insicurezze. E oppressa dalla povertà, perché avrei sentito l’obbligo di mantenere legata la mia esistenza a quella di mio marito. Tu mi hai ridato la Bianca Borgati che era morta. Tu mi hai resuscitata.
Ricciardi ascoltò in silenzio, poi disse:
– E senza di te io adesso sarei su qualche isola pontina non sapendo perché e per volontà di chi. Quindi, mia cara contessa, la gratitudine è tutta mia.
Bianca batté appena i palmi.
– Bene, ci siamo ringraziati reciprocamente. Adesso godiamocela… Dobbiamo entrambi forzare la nostra natura schiva e riservata per un po’, cercando nel frattempo di non annoiarci. Tutto qui”.
Ricompare Livia, questa volta diversa, più vulnerabile e sotto pressione. L’amore non corrisposto l’aveva fatta adirare a tal punto da farle pronunciare accuse di cui si è pentita, ma al commissario dagli occhi verdi è ancora molto legata nonostante il rifiuto esplicito di lui, e ora si sente in dovere di difenderlo a ogni costo.
Ricciardi è un personaggio vivo, preda della sua forte contraddizione. Oscilla tra la voglia di calore umano e di crearsi una famiglia, e la convinzione di essere pazzo che lo porta a non legarsi sentimentalmente a nessuno. Il suo desiderio si identifica nella ragazza della finestra di fronte, Enrica: con lei Ricciardi avrà un incontro, un passo decisivo che sarà determinante per il seguito della storia.
Per sfuggire alla sua condanna, il Fatto, il commissario si getta a capofitto nel lavoro. Questa volta il caso sembrerebbe risolto presto. Viene ritrovato il cadavere di Irace Costantino, il marito di Cettina, ammazzato di botte, con un colpo finale che sembrerebbe un gancio sinistro. Tutti gli indizi fanno pensare all’ex pugile Vincenzo Sannino, ma il commissario non si ferma alle apparenze e tanto meno si lascia intimorire dai suoi superiori.
Maione è l’altra faccia di Ricciardi come afferma lo stesso de Giovanni, solare e disordinato ma anche ligio al dovere con saldi principi. In questo capitolo dovrà fare i conti, suo malgrado, con l’ammissione di un sentimento che non sapeva di provare: l’amicizia per Bambinella.
Il brigadiere si troverà a risolvere quella che gli addetti ai lavori definiscono sottotrama o storia secondaria, ma non per questo meno complessa. Bambinella lo chiama in soccorso per salvare il suo amante Donadio Gustavo, detto ‘a Zoccola, dalle minacce del pericoloso Pasquale Lombardi, detto ‘o Lione, e a Maione non resta che aiutarlo, nonostante sia un’attività borderline rispetto a quella di brigadiere della regia questura di Napoli.
Vincenzo detto Vinnie, per il quale l’autore si è ispirato a quanto accaduto a Primo Carnera, è partito ma non è mai andato via da Napoli, perché ha sempre pensato che gli Stati Uniti fossero un intervallo della sua vita. È partito per arricchirsi, per avere fortuna. Ha avuto successo, è diventato un campione dei pesi medio massimi, ricco e importante, ma ha perso l’amore; un gigante buono che, quando sul ring uccide l’avversario, decide di abbandonare lo sport.
Al suo ritorno, dopo quindici anni, Vincenzo scoprirà che Cettina si è sposata con un altro, non ha avuto figli ma non è più una donna libera.
Come afferma l’autore durante un’intervista: Gli amori, se finiscono, non finiscono razionalmente, ma secondo una logica loro, non comprensibile alle menti. Sia Vinnie che Cettina scopriranno di non aver tenuto conto del cuore e di aver sbagliato la vita.
Emilia Ferrara