TEATRO AUGUSTEO | GIAMPIERO INGRASSIA e GIULIA OTTONELLO in scena con lo spettacolo “Cabaret

Al Teatro Augusteo di Napoli, da venerdì 9 fino a domenica 18 dicembre, Giampiero Ingrassia e Giulia Ottonello saranno in scena con il musical “Cabaret”, regia di Saverio Marconi.

Cabaret è un classico del teatro musicale, famosissimo in tutto il mondo anche grazie all’omonimo film del 1972, vincitore di 8 premi Oscar, con Liza Minnelli.

Lo spettacolo, scritto da Joe Masteroff, basato sulla commedia di John Van Druten e sui racconti di Christopher Isherwood, ha le musiche di John Kander e le liriche di Fred Ebb, tradotto con attenzione da Michele Renzullo. Vanta inoltre una colonna sonora straordinaria, a diritto entrata nel patrimonio dei musical grazie a brani intramontabili come “Willkommen”, “Money”, “Maybe This Time” e la nota “Life is a Cabaret”, considerata da molti un inno internazionale alla speranza.

Cabaret è uno spettacolo molto caro al regista Saverio Marconi, che lo aveva già portato in scena in due edizioni molto diverse, nel 1992 e nel 2007. Questo nuovo allestimento non è sfarzoso, abbandona lustrini e paillettes per dare più sostanza alle parole. E’ amaro, duro e toccante. Rispecchia la vita con tutte le sue ‘meravigliose’ brutture. È teatro nel teatro, con una scenografia che ‘invade’ il palcoscenico, firmata da Gabriele Moreschi e dallo stesso Saverio Marconi. Raffinati ed eleganti i costumi di Carla Accoramboni, frutto di un’attenta ricerca storica. Le luci di Valerio Tiberi regalano allo spettacolo atmosfere intense. Esplosivi i quadri musicali del Kit Kat Klub, con le potenti coreografie di Gillian Bruce, tra cui spicca la travolgente e sensuale “Mein Herr”. La direzione musicale è di Riccardo Di Paola, la supervisione musicale è di Marco Iacomelli, il disegno fonico di Enrico Porcelli.

Sinossi

Nella Berlino dei primi anni ‘30, sullo sfondo dell’avvento del nazismo, si intrecciano le storie dei vari personaggi: la fragile ed evanescente Sally Bowles (Giulia Ottonello), giovanissima stella del Kit Kat Klub, che inizia una tempestosa relazione con il giovane romanziere americano in cerca di ispirazione Cliff Bradshaw (Alessandro Di Giulio); l’austera Fräulein Schneider (Altea Russo); il timido e riservato ebreo Herr Schultz (Michele Renzullo); la libertina Fräulein Kost (Valentina Gullace); il nazista Ernst Ludwig (Andrea Verzicco); e a sorvegliare tutti, come un personaggio brechtiano, un eclettico Giampiero Ingrassia, Maestro di Cerimonie che prende vita solo sul palcoscenico del Kit Kat Klub: è il filo conduttore che rappresenta l’aspetto ludico della storia, vuole infatti che tutti si lascino travolgere dall’atmosfera licenziosa del locale e si divertano per dimenticare i problemi che esistono realmente, ma è allo stesso tempo quello ambiguo e stravagante. Un Maestro di Cerimonie ammiccante, ammaliante, tentatore, che apre agli spettatori le porte del mitico club berlinese, metafora della decadenza del mondo, sempre pronto a ridere e scherzare, ma con una morale corrotta, sottolineata anche dal trucco sapiente: un misto tra Joker, il Corvo e il cantante dei Kiss Gene Simmons, una maschera che trasuda inquietudine.

Ingrassia in “Cabaret” si cimenta in un ruolo complesso e dalle mille sfaccettature, che gli è valso il Premio Persefone 2016 come migliore attore protagonista di musical: recita, ma soprattutto canta, con un momento di particolare intensità in “I don’t care much”. Nel suo invito agli spettatori ad affrontare la realtà e ad abbandonare l’indifferenza è racchiuso il senso profondo dello spettacolo: “Vi emozionerete, piangerete, sicuramente, e vi farete molte domande”.

E mentre Sally sogna di diventare una grande attrice, fuori dal trasgressivo club il mondo va in frantumi e sulle vite di tutti sta per abbattersi la furia hitleriana. “La vita è un cabaret”, canta Sally Bowles sul finale dello spettacolo, ma nel celeberrimo brano, cui Giulia Ottonello dona straordinaria vocalità e allo stesso tempo profonda drammaticità, esplodono i tormenti, le aspirazioni fallite, il tentativo di cercare spensieratezza anche quando il dramma incombe.

Saranno le ultime battute di Cliff a preludere al tragico epilogo: “C’era un cabaret e un presentatore, e una città chiamata Berlino in un paese chiamato Germania, ed era la fine del mondo”. E per il Maestro di Cerimonie non resta che una parola: “Auf Wiedersehen”.

Note di regia di Saverio Marconi

Se per tre volte, nel corso della mia carriera, ho deciso di mettere in scena “Cabaret”, è perché in tre periodi differenti della mia vita, lontani e diversi tra loro, ho sentito la necessità di guardare, e far guardare, oltre il sipario del Kit Kat Klub.

Uno spettacolo che conosco molto bene, e a cui tengo molto, che questa volta, dimenticati i riferimenti al film, ho messo in scena “come voglio io”, con una nuova e profonda sincerità nell’affrontarlo. Una lettura più dura, con alcuni momenti di teatro nel teatro, molto più attuale dunque, che costringerà gli spettatori a mettersi di fronte alla tendenza di oggi a lamentarsi, senza però mai reagire per cambiare davvero.

Ho pensato e firmato a quattro mani con Gabriele Moreschi una scenografia che “abbraccia” il palcoscenico, una pedana, un vecchio sipario, le tavole consumate e intrise di memoria: è così che ogni sera si rievoca un periodo storico, attraverso quella musica, quelle storie, che come in un girotondo schnitzleriano continuano ancora oggi il loro racconto, senza soluzione di continuità e di emozioni. Insieme a un cast straordinario raccontano di un’indifferenza colma di paure ed egoismo, con la speranza che, al prossimo giro, per una volta vinca il coraggio di affrontare la realtà.

A 25 anni di distanza da “A Chorus Line”, siamo tornati a debuttare al Todi Festival, proprio da dove ci eravamo affacciati sulla scena teatrale italiana. 25 anni in cui il mondo, fuori e dentro i teatri, è cambiato. Ma c’è una cosa che non è cambiata e credo che questo sia un tema che non muore mai: l’indifferenza della gente che non si occupa, o preoccupa, di quello che gli succede intorno se non ne viene toccata direttamente. Allora nacque il nazismo, oggi cosa nascerà?