Qohen è un brillante sviluppatore alle dipendenze della Mancom. Sempre più alimentato rispetto al mondo esterno e chiuso in sé stesso, trascorre le giornate nell’attesa di una fantomatica chiamata che farà luce sul suo destino. Convocato da Management, il misterioso capo della corporation, gli viene affibbiato un importantissimo compito: risolvere lo zero teorema, un algoritmo capace di dimostrare scientificamente l’assurdità dell’esistenza. Torna dietro la macchina da presa l’ex Monthy Piton Terry Gilliam e lo fa, come di consueto, con un thriller fantascientifico. Sulla scia delle sue pellicole più importanti è rinomate, porta in scena un futuro dispotico in cui l’essere umano è fortemente alienato e schiavo di una società distorta. Questa volta tuttavia siamo ben lontani dal trasporto emozionale ed emotivo di Brazil o Dell’esercito delle 12 scimmie. Siamo più vicini a Paura e delirio a Las Vegas, ma nel senso che il film è un vero e proprio trip da Lsd. Impossibile comprenderne il significato, lo spettatore vaga tra le vicende della pellicola come in preda ad una sbornia da etere. Lo stile del regista resta inconfondibile, ogni inquadratura porta il suo marchio, ma la sceneggiatura è così contorna e confusa da lasciare basiti. Christopher Watz è egli stesso vittima di questo turbinio di eventi e mente lui aspetta la fatidica chiamata, lo spettatore attende bramosamente che si riaccendano le luci in sala per poter tornare alla realtà.
Andrea Ruberto