Salviamo il Vallone San Rocco. Escursione nella “giungla partenopea”

Domenica 18 Novembre, dalle 10 alle 13,  gli ambientalisti di Salviamo il Vallone San Rocco hanno organizzato una giornata di trekking in questo parco che è un luogo dove la natura sovrasta il tessuto urbano. Tra grotte di tufo immense e fitta vegetazione, si potrà ascoltare il canto di vari uccelli, ammirare il volo dei rapaci in pieno centro città.

Il Vallone San Rocco scolpito nel tufo giallo napoletano di un’eruzione di 12.000 anni fa circa dei campi flegrei, è parte di una formazione morfologica che comprende un complesso di incisioni idrografiche più o meno profonde formatesi per erosione dalle acque meteoriche provenienti dalla collina dei Camaldoli.

 

Si tratta di un’enorme vallata immersa nel verde e piena di cave antiche che si sviluppa per circa 6 chilometri e che si estende dal secondo Policlinico sino ai Ponti Rossi, toccando le zone di Miano, Chiaiano e San Carlo all’Arena.

  

Ospita diverse specie di fauna e flora unici nel loro genere. E’ meta di riposo degli uccelli migratori. Purtroppo è piena di immondizia e ad oggi è una vecchia discarica a cielo aperto che ospita anche una notevole quantità di amianto, addirittura un automobile abbandonata, e rifiuti di vario genere.

 

Dagli anni 80 il Vallone di San Rocco diventa un luogo prediletto per lo smaltimento abusivo di rifiuti di ogni tipo che vengono progressivamente interrati sotto la folta vegetazione. Parallelamente si verifica che gli scarichi delle acque nere (sporche) e delle acque bianche (piovane) finiscono, indistintamente e lo hanno fatto per anni e anni, nell’alveo del torrente San Rocco.

 
Il Parco di interesse regionale è stato istituito con D.G.R. n. 855 del 10 giugno 2004 e relativi allegati (BURC n. 36 del 26 luglio 2004 1 2 3), ai sensi e per gli effetti della L.R. n. 17 del 7/10/2003 e s.m.i. (BURC n. 48 del 13 ottobre 2003 1 2), della L.R. n. 33 del 1° settembre 1993 e s.m.i. (BURC n. 39 del 6 settembre 1993) e in ottemperanza della Legge Quadro n° 394/91 (Legge Quadro sulle aree protette).

La vicenda dell’inquinamento del Vallone San Rocco in passato è stata addirittura oggetto di una sentenza della Corte di Giustizia Europea (causa C-365/97 del 9.11.1999, all. 8), che trae origine da un ricorso presentato dalla Commissione Europea contro il governo italiano per la violazione della Direttiva europea n° 75/442 (modificata dalla direttiva 91/156). Tale sentenza si è conclusa con una condanna dello Stato.

 

Nonostante gli impegni presi a livello di governo centrale ed i tanti fondi stanziati, ad oggi il Vallone versa in uno stato di degrado totale. Per tale motivo, alcuni cittadini, Mariano Peluso, Vincenzo Rusciano, Filomena Gratino, Giorgio Peperna e Patrizia Siconolfi, rappresentati dall’avvocato Luca Saltalamacchia, hanno inviato un esposto alla Procura di Napoli nel 2017, lamentando sia la consumazione di reati ambientali, sia la mancata Custodia degli enti all’uopo deputati, sia lo sperpero di fondi pubblici.

 

Sul punto, va evidenziato che il Vallone è stato oggetto di due finanziamenti pubblici importanti la cui somma si aggira intorno ai 40 milioni di €, fondi Cipe.
A dicembre 2017, a seguito di un’interrogazione parlamentare, le risposte da parte del Ministero non sono state soddisfacenti. Il sindaco del Comune di Napoli, nominato commissario speciale per dar luogo ai lavori, ha risposto che il 90% dell’opera è stata compiuta.

Visto lo stato di degrado dei luoghi e considerato che nel canale ancora scorrono acque da canali laterali, si è chiesta una verifica di spesa dei fondi Pac stanziati dal Ministero nel lontano 2004 ed un controllo sull’effettivo completamento dei lavori, che il Comune sostiene di aver ultimato e che questi corrispondano al capitolato delle opere consegnate nel 2011.

La proposta è quella di rendere fruibile il Vallone facendo una costante pulizia dei sentieri. Interessare quante più persone e associazioni sull’esistenza e la possibilità di poterlo usare. Ovviamente il trekking o le passeggiate naturalistiche si coniugano perfettamente con il luogo. Interessare l’università di scienze naturali e biologiche per fare un censimento delle specie all’interno del Vallone, parallelamente con il Diarc affinchè venga elaborato un progetto nel quale si mette la Natura al centro e l’uomo, ospite, che la curi, e dire basta al cemento. Per finire conoscere e interessare i proprietari della cave per cominciare con loro un percorso di collaborazione per il loro utilizzo visto l’abbandono totale degli ultimi 10 anni.

La strada è lunga ma agire con costanza potrebbe riuscire a far diventare il Vallone San Rocco un sito UNESCO nel giro di 5 anni, il fine alto: ridare dignità ad un luogo unico che è un regalo della natura.