Lo street food ovvero il “cibo da strada”, sempre più in voga negli ultimi anni, è una delle caratteristiche partenopee. Seppure nato con i Greci, che usavano friggere il pesce al porto di Alessandria e poi lo vendevano in strada, resta una prerogativa tutta napoletana. Al contrario di quello che si pensi, lo street food non è frutto della globalizzazione piuttosto del matrimonio tra la nascita della produzione di pasta secca in Campania (nata tra il Cinquecento e il Seicento) e la mente ingegnosa dei lazzaroni, giovani appartenenti al ceto medio che resero la pasta protagonista del primo “cotto e mangiato”.
Nel 1700, Napoli era uno dei centri del gran tour e attirava molto turismo, per cui la “moda” di mangiare delle mini porzioni di pasta in giro per la città divenne velocemente consuetudine . Un’usanza su cui, ancora oggi, puntano diversi imprenditori della ristorazione napoletana e non.
La pasta nacque a Napoli proprio grazie al popolo che non potendo consumare grandi quantità di carne, poiché più costosa, prediligeva un’alimentazione ricca di farine – pasta e pane – e ortaggi, a differenza dell’élite la cui dieta si contraddistingueva per il grande consumo di proteine animali. I contadini vennero, così, chiamati “mangiamaccheroni”, dall’uso comune di indicare la pasta secca con il termine ‘maccheroni‘, dal verbo “maccare” ossia pestare, schiacciare. Nel ‘700, Gragnano, infatti, vantava già due secoli di produzione di pasta ed era leader nel campo.
Non a caso uno dei must dello street food napoletano è la famosa frittatina di pasta (un mini timballo di pasta condito con besciamella, ragù, piselli e mozzarella, impastellato e fritto). Alla “top three” si aggiungono la pizza a portafoglio (una pizza di dimensioni piccole piegata su se stessa) e il cuoppo napoletano (un misto di bontà rigorosamente fritte, servite in un cono di carta paglia).
Quindi, se vi capita di passare da queste parti, venite affamati e mangiate assolutamente con le mani!
Valentina Fruttauro