In questi giorni Napoli ha perso un pezzo di storia: una forte mareggiata ha distrutto l’arco borbonico che nel 700 era approdo per i pescatori.
I pescatori venivano chiamati “luciani” perché erano gli abitanti del vicino borgo di Santa Lucia. Poi nel corso dell’800 l’arco fu trasformato nel terminale dello scarico fognario e ribattezzato dal popolo napoletano “O Chiavicone”. Un arco che ha attraversato gli anni e la storia, dipinto dai pittori della Scuola partenopea, ispirazione di tanti artisti e poeti, era l’ultima parte sopravvissuta del porticciolo borbonico. Puntellato successivamente, era in uno stato di equilibrio non stabile e posizionato su una parte di masso. Purtroppo la forza del mare è stata grande e si sa che quando il mare è in tempesta e mostra tutta la sua rabbia a causa del vento forte e del maltempo, non ci sono scuse, non ci sono vie d’uscita. Certo è che la situazione ha suscitato malcontento non solo per la portata storica e culturale ma anche per il sentimento di abbandono che ancora una volta hanno provato i napoletani.
Essi si sono sentiti scoraggiati perché la gravità e l’instabilità dell’arco erano state più volte denunciate ma nessuno aveva prestato ascolto. Negli ultimi giorni il sindaco di Napoli De Magistris ha dimostrato dissenso nei confronti dell’Autorità portuale e ha usato parole aspre per l’incuria e la dimenticanza dimostrate. Ma non è il solo. Ci sono stati altri esponenti della politica campana che hanno detto la loro opinione a riguardo, soprattutto sottolineando il fatto che ultimamente troppe zone di Napoli sono a rischio crollo e cedimento e le autorità sembrano non ascoltare i cittadini e le loro denunce sociali.
Proprio dopo il crollo dell’arco, a Napoli è caduto un albero e un ragazzo stava per perdere la vita. Fortunatamente si è salvato ma episodi del genere non dovrebbero mai più accadere perché non può e non deve il maltempo generare crisi e turbamento e rendere triste e sconfortata una città così bella e soleggiata come Napoli.
Teresa Beracci