Tra le tante, tantissime cose da recriminare a Gattuso, la più incredibile è quella dall’assenza del vertice basso nel rettangolo di gioco. A centrocampo il mister parte con Elmas, Zielinski e Bakayoko. Teoricamente, quest’ultimo doveva ricoprire il ruolo di playmaker. Ma lui non lo sa, poiché fa tutt’altro.
Al di là del primo gol subìto, dove tutti osservano Zapata avanzare senza problemi, con un Hysaj che temporeggia come se fosse l’ultimo uomo in area propria, il Napoli non costruisce mai, se non lanciando palloni lunghi, nella speranza che avvenga il miracolo.
Gattuso se ne rende conto, tardi però. Tant’è che nel secondo tempo inserisce Politano per Elmas, quest’ultimo invisibile come ci ha ormai abituato a vedere (o non vedere). Con un attaccante in più, l’allenatore cambia modulo e passa al 4-2-3-1. Da lì, infatti, il ritmo cambia. Zielinski, mediano, si smarca e riceve palloni. Col polacco davanti alla difesa c’è sempre il passaggio facile. I difensori e i terzini ora hanno più di un’alternativa, poiché Piotr fa il giusto movimento e corre verso la palla.
Cosa succede però? Gattuso sceglie di togliere sia Zielinski che Bakayoko, per dare spazio a ben due vertici bassi, tra l’altro gli unici registi in casa Napoli. Da lì è nuova confusione. I movimenti di Lobotka e Demme, a grandi linee, sono simili. Se uno riceve l’altro deve (o dovrebbe) spingere, ma non è nella loro natura. Lo slovacco e l’italo-tedesco sono bravi a giocare tra le linee per ricevere e scaricare, ricevere e scaricare, di continuo, così da creare spazi negli altri reparti e nuove opportunità di gioco. Nel miglior momento del Napoli, però, l’Atalanta chiude il discorso con Pessina.
Non vi è alcun tipo di costruzione di gioco. I difensori non sono i migliori di questo pianeta, ma se poi sono costretti a rincorrere sempre l’avversario senza mai rifiatare, avranno il doppio dei problemi. Osimhen non è al top, così come Insigne. Il mister sembra essere senza idee, i calciatori senza voglia e la società senza un progetto. A noi tifosi, come citava il titolo del famoso film di Troisi, non ci resta che piangere.
Salvatore Esposito