Da pochi giorni si è conclusa la tappa napoletana del PizzaVillage, il format che da oltre dieci anni vanta numeri da record e che partendo da Napoli ha portato il gusto della tradizione Partenopea oltre il nostro territorio, fino ad arrivare oltreoceano.
Quest’anno, data l’emergenza Covid, i Maestri Pizzaioli hanno ospitato il festival nei propri locali, ognuno dei quali ha proposto una specialità pensata per l’occasione, con la possibilità di ordinare anche a domicilio. Un festival da record, non solo per il milione di partecipanti che si sono presentati ogni anno: nel 2016, cinquecento pizzaioli provenienti da tutto il mondo hanno conquistato il Guinness World Record per la pizza più lunga mai realizzata, con i suoi 1853,88 metri di lunghezza e una larghezza di 50 centimetri. Il festival nato a Napoli ha inoltre posto le sue radici non solo in altri luoghi d’Italia ma anche all’estero. Special Guest al New York Pizza Festival nel 2018 e nello stesso anno vincitore, nell’ambito del The FestX Awards di Las Vegas, del riconoscimento Miglior Food Festival al mondo. Quest’anno per la prima volta PizzaVillage vedrà una sua edizione a Dubai con un grande evento e si prepara alla chiamata di Londra per una tappa futura nella capitale inglese.
Un’arte e una passione quella alla base di questo festival che proprio grazie a quest’ultimo ha ottenuto un riconoscimento di immenso prestigio. Il tutto è iniziato nel 2014, quando proprio grazie alla spinta dell’organizzazione PizzaVillage, insieme ad Alfonso Pecoraro Scanio, è nata la petizione #PizzaUnesco, che insieme all’inerente campagna ha potuto contare su oltre due milioni di sostenitori tra cittadini, istituzioni e personalità di rilievo. Il 7 dicembre 2017 l’obiettivo si concretizza: “L’Arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano” diventa Patrimonio Immateriale dell’UNESCO. Di seguito riportiamo la motivazione alla base di questa inclusione: ““L’Arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano” è stata riconosciuta come parte del patrimonio culturale dell’umanità, trasmesso di generazione in generazione e continuamente ricreato, in grado di fornire alla comunità un senso di identità e continuità e di promuovere il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana, secondo i criteri previsti dalla Convenzione Unesco del 2003. Si tratta di una pratica culinaria che comprende varie fasi, tra le quali la preparazione dell’impasto, un movimento rotatorio fatto dal pizzaiolo e la cottura nel forno a legna. L’Arte è nata a Napoli, dove vivono e lavorano circa 3000 pizzaiuoli, suddivisi in tre categorie in base all’esperienza e alle capacità. Ogni anno l’Accademia dei Pizzaiuoli Napoletani organizza corsi sulla storia, gli strumenti e la tecnica dell’arte con lo scopo di assicurarne la sopravvivenza, ma gli apprendisti possono fare pratica anche nelle loro case, dove l’arte è ampiamente diffusa.
Il riconoscimento dell’UNESCO porta la pizza, cibo tra i più amati e consumati al mondo, nell’Olimpo della cucina nazionale e internazionale e identifica l’arte del pizzaiolo napoletano come espressione di una cultura che si manifesta in modo unico, perché la manualità del pizzaiolo non ha eguali e fa sì che questa produzione alimentare possa essere percepita come marchio di italianità nel mondo.” Un marchio di italianità, certo, le cui origini hanno però avuto il giusto riconoscimento. Una specialità culinaria ormai diffusa in tutto il mondo che trova le proprie radici nella nostra terra, dove ancora oggi trova la sua massima espressione.
Ruben Zaccaria