Malattie rare: situazione attuale e aspettative

La Comunità Europea definisce le malattie rare quelle patologie che si presentano, con una frequenza di circa cinque casi ogni diecimila persone. Oggi la conoscenza medica ha consentito di individuare un numero variabile tra le settemila e le ottomila patologie rare, che interessano circa il sei-otto per cento, di tutta la popolazione e il numero, già ampio, non è definitivo, di cui i due terzi di natura genetica e, per la maggior parte, ad esordio pediatrico. Nel mondo ci sono circa trecento milioni di pazienti di cui quasi due milioni in Italia. 

Nella maggioranza dei casi le malattie sono:

  •       genetiche-ereditarie;
  •       malformazioni congenite;
  •       inerenti al sistema immunitario;
  •       tumori rari.

La Comunità Europea, ha identificato poco più di seimila entità. Esse si manifestano, nella maggior parte dei casi, ma non soltanto, già dall’età pediatrica e sono generalmente definite: malattie orfane, perché per molto tempo, la Sanità pubblica, l’informazione dei Media e le case Farmaceutiche, per i palesi interessi economici che caratterizzano queste ultime, hanno concentrato la loro attenzione sulle patologie croniche, acute e invalidanti trascurando le malattie meno diffuse tra la popolazione, nascondendole all’opinione pubblica e relegandole alle scarse possibilità di studio e avanzamento della ricerca. Va riconosciuto certamente il marginale ritorno economico per i grossi gruppi di investitori nella Sanità, ma sicuramente, i Governi nel mondo, devono tutelare, come ogni minoranza, anche quella rappresentata dagli Esseri Umani colpiti da patologie che, per fortuna degli altri, non hanno una larga diffusione tra la popolazione.

Quindi investire nella ricerca e cura per non lasciare indietro i Cittadini colpiti da patologie che li escludono dalla possibilità di sperare in una guarigione o in terapie che renderebbero la loro esistenza più accettabile.

Deve essere ricordato, purtroppo, che la ricerca sovente è finalizzata alla realizzazione di profitti non giustificabili nell’entità. Oltretutto, come l’esperienza storica insegna, spesso la ricerca diretta verso direzioni determinate, hanno prodotto, causalmente, risultati e farmaci anche per malattie di più ampia diffusione e per tale motivo che la Ricerca pura dovrebbe vedere maggiori destinazioni di fondi pubblici.

Negli ultimi tempi, grazie anche alla spinta propulsiva delle Associazioni senza scopo di lucro, si intravede in Europa, una graduale inversione della tendenza dominante nel passato e sia il settore industriale farmaceutico sia la politica dell’Unione Europea stanno, pur se lentamente, rivolgendo la loro considerazione verso le patologie rare.

 

Molte malattie sono particolarmente rare e hanno un’incidenza di uno ogni centomila soggetti circa, con isolati casi riportati dalla letteratura scientifica. Ciò comporta serie criticità pratiche per un medico di medicina generale che, si calcola, nella sua esperienza professionale ha una sola probabilità di vedere un caso, se non di meno, in un anno, con una ragguardevole riduzione della sua capacità di riconoscere la patologia rara del paziente. Tale condizione, favorendo quella costosa e avvilente migrazione sanitaria, che sballotta l’ammalato e sconvolge i nuclei familiari. Assistiamo con amarezza, alle tragiche trasferte dal luogo di origine lungo la regione di residenza o per l’intero territorio nazionale e molto spesso, per l’intero continente.

Questi viaggi della speranza, alla ricerca della diagnosi e delle sperate cure, comportando anche un elevato numero di professionisti consultati con costi personali e sociali elevati, per giunta non sempre forieri di risultati positivi. Molto spesso non esistono centri di eccellenza sanitari, né una terapia conosciuta e fondata sulle evidenze scientifiche per tutte le patologie rare.

Pertanto, i pazienti possono trovarsi in una condizione di estremo isolamento e fragilità e insieme al loro nucleo familiare, sempre coinvolto nell’assistenza insostituibile, con sofferenze fisiche e psicologiche, oltre, ovviamente a un oneroso impegno economico generato dalla disabilità e dalla complessità delle patologie rare.

Allo stato è necessario investire energie fisiche e finanziarie per realizzare una diagnosi precoce che consente, quando possibile, un intervento agli stati iniziali della malattia, che può rivelarsi in molti casi, determinante per la prognosi attendibile e per l’inizio del trattamento sanitario eventualmente disponibile.

Molti dei pazienti portatori di rare patologie, raggiungono l’età adulta e una condizione cruciale sta diventando la necessità di gestire la fase di transizione tra l’età pediatrica e quella adulta.