Una lotta intestina all’interno del clan per “epurare” gli affiliati che avevano deciso – o stavano per decidere – di collaborare con la giustizia. Un regolamento di conti dallo stile chiaro e inequivocabile: la violenta martice è quella camorristica, che uccide i suoi “figli” che sgarrano contro il “direttivo” del clan. Una storia che si ripete, purtroppo, con puntuale atrocità, negli ambienti criminali che non smettono di mietere vittime.
Stamattina l’ultimo episodio che pone alla luce sconvolgenti scenari. Dopo più di quindici anni dai fatti, e dopo la conclusione delle indagini condotte dai carabinieri e coordinate dalla Dda di Napoli nei confronti dell’organizzazione camorristica dei Sarno sono scattate le manette per 15 persone ritenute affiliate al gruppo criminale operante nella periferia napoletana e nel quartiere Ponticelli. I reati contestati: omicidio, porto e detenzione illegale di armi con l’aggravante del metodo mafioso per agevolare il gruppo criminale di appartenenza.
L’operazione di stamattina rappresenta la conclusione di una laboriosa e capillare attività investigativa portata avanti dalle forze dell’ordine che ha fatto luce su alcuni fatti di sangue avvenuti tra il 1994 e il 2002, in particolare sugli omicidi di Mario Scala, Anna Sodano, Gennaro Busiello e Giuseppe Schisa. In particolare, il corpo di Mario Scala (incaricato della vendita di eroina per conto del clan Sarno) ritrovato il 3 dicembre del 1994 carbonizzato e depositato in alcuni contenitori per la raccolta rifiuti a Giugliano in Campania, era irriconoscibile e prima che fosse effettuato l’esame autoptico si pensò addirittura che appartenesse a quello di una donna.