Anche quest’anno, come da decenni è tradizione partenopea, arriva in tutte-o quasi- le case dei napoletani, un dolce tipico: la zeppola di San Giuseppe. Che siano fritte o al forno non importa,le famose discendenti delle storiche frittelle, durante la festa del papà sono loro le vere protagoniste. Il dolce, tipico della cucina partenopea, deriva da una tradizione antichissima risalente addirittura all’epoca romana, a pochi anni dopo Cristo.
Le zeppole, diventate grazie alla preparazione dei conventuali i dolci tipici della festa del papà, servono ancora oggi per festeggiare e celebrare la figura di San Giuseppe e, tra i conventi che vantano la migliore preparazione “secolare” del dolce partenopeo, spiccano il convento di S.Gregorio Armeno e quello di Santa Patrizia. Ma “la zeppola” a Napoli è una vera e propria istituzione e viene servita tutto l’anno in due famosissime versioni: fritta e al forno.
La prima zeppola di San Giuseppe conosciuta su carta, secondo fonti storiche, risalirebbe al 1837 quando il gastronomo napoletano Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, decise di conservarne la ricetta.Il 19 marzo segna, inoltre, per molti popoli la fine dell’inverno e vengono celebrati durante i cosiddetti riti di purificazione agraria, grandi falò, sopra i quali si cuociono grandi quantità di frittelle.
A Napoli però la zeppola non è un semplice dolce e avrebbe un significato piu’ profondo legato, come la pastacrisciuta, all’origine “stradale” della pietanza. Il dolce, infatti, nato originariamente privo della sua famosissima crema, sarebbe stato per decenni consumato quasi sempre per strada, durante le processioni, feste o commemorazioni piu’ importanti della città. La zeppola di San Giuseppe è un dolce conosciuto in tutto il mondo, apprezzato, rinomato e riprodotto dai migliori chef anche non italiani che, spesso senza successo, cercano di carpire da anni il segreto dei maestri pasticcieri partenopei.