In tempi di crisi, e di inni al “GRANA PADANO” è bene fermarsi a riflettere e fare un quadro completo della situazione italiana, e nello specifico per noi meridionali, della situazione che vive il Mezzogiorno. L’Italia è caratterizzata da un grado di disuguaglianza dei redditi e delle situazioni economiche piuttosto elevato se confrontato con altri paesi europei. La disuguaglianza complessiva dipende più dalle differenze interne alle ripartizioni, in particolare da quelle che caratterizzano Sud e Isole, che dal divario tra i redditi medi delle diverse ripartizioni. Le disuguaglianza testimonia la compresenza di condizioni di agiatezza e povertà. Le famiglie che vivono in condizioni di povertà, pur rappresentando una parte minoritaria della popolazione, sono i destinatari potenziali delle politiche d’intervento sociale. A partire dai primi anni Ottanta, la percentuale di famiglie in condizione di povertà relativa è sempre stata prossima al 10 per cento, con un aumento particolarmente importante nel periodo 1987-1989, quando circa il 14 per cento delle famiglie residenti in Italia risultava povero. Il valore è poi andato progressivamente diminuendo, per stabilizzarsi negli ultimi anni tra l’11 e il 12 per cento. Nel 2004, secondo l’indagine sui consumi delle famiglie, risultano relativamente povere circa 2,6 milioni di famiglie, pari all’11,7 per cento del totale e corrispondenti a 7,6 milioni d’individui. La nuova indagine sul reddito e le condizioni di vita (Eu-Silc) si affiancano all’indagine sui consumi per completare il quadro della disponibilità di risorse economiche degli individui e delle loro famiglie, le fonti di reddito, le condizioni di deprivazione materiale e il disagio abitativo.
I risultati dell’indagine confermano l’esistenza di un profondo divario territoriale: il reddito delle famiglie che abitano nelle regioni meridionali è circa tre quarti del reddito di quelle residenti al Nord, la distribuzione dei redditi è caratterizzata da significative differenze di genere: le famiglie in cui il reddito principale è guadagnato da una donna sono relativamente meno presenti nella parte alta della distribuzione. Desta particolare interesse il dato sui percettori di bassi redditi da lavoro che costituiscono 4,2 milioni d’individui, per quasi il 60 per cento occupati che lavorano per 30 o più ore settimanali. Inoltre, circa un terzo di questi vive in contesti familiari disagiati. L’indagine multiscopo “Famiglia e soggetti sociali” mostra come il nostro Paese sia caratterizzato da disuguaglianze non trascurabili nelle opportunità di mobilità sociale, in parte ereditate dal passato e in parte generate dalle trasformazioni delle strutture familiari e del mercato del lavoro. Al netto degli effetti strutturali esercitati dai profondi cambiamenti avvenuti nel sistema occupazionale, il regime di mobilità sociale è piuttosto rigido. Il Sud è un territorio in cui convivono realtà socio-economiche tra loro diverse, ma accomunate da un diffuso sotto sviluppo delle risorse.
La fotografia dell’economia nel SVIMEZ presenta un Mezzogiorno in recessione, colpito duramente dalla crisi nel settore industriale, che da otto anni consecutivi cresce meno del Centro-Nord, cosa mai avvenuta dal dopoguerra a oggi, il cui Pil del 2009 è tornato ai livelli di dieci anni fa. Un’area periferica in cui gli emigrati precari, colpiti dalla crisi, privi di tutele, iniziano a rientrare, ma già pensano a ripartire, dove 6 milioni 830mila persone sono a rischio povertà. Nel 2009 il Pil del Sud è calato del 4,5%, un valore molto più negativo del -1,5% del 2008, leggermente inferiore al dato del Centro-Nord (-5,2%). Il Pil per abitante è pari a 17.317 euro, il 58,8% del Centro-Nord (29.449 euro). A livello settoriale nel 2009 anche l’agricoltura meridionale è stata investita dalla crisi, con un crollo del valore aggiunto del 5%, contro il -1,9% del Centro-Nord. A fare le spese maggiori della crisi, l’industria, con un crollo del valore aggiunto industriale nel 2009 del 15,8%, mentre le produzioni manifatturiere hanno segnato un calo del 16,6%. Sempre per effetto della crisi, per la prima volta dalla fine della guerra il valore aggiunto del settore dei servizi è calato per due anni consecutivi, segnando nel 2009 –2,7% (Centro-Nord -2,6%), con effetti molto più pesanti nel commercio (-11% contro -9%). Giù anche turismo e trasporti (-3%) e intermediazione creditizia e immobiliare (-1,7%).
E adesso cosa vogliamo fare ci rimbocchiamo le maniche o tagliamo l’Italia a metà???