BoJack Horseman – La critica animata sull’ipocrisia di Hollywood

Non chiamatelo cartone animato. BoJack Horseman è sulla carta una serie TV d’animazione, ma nasconde molto più di quanto non colpisca l’occhio: è uno spaccato cinico e dissacrante della società contemporanea, una satira pungente e senza peli sulla lingua contro il mondo dello show business. La storia segue le travagliate vicende di BoJack “uomocavallo”, ex star di Hollywoo (così ribattezza dopo che lui stesso ne ha rubato in maniera rocambolesca la “D” finale), ormai in inesorabile declino professionale ed umano. Protagonista della sitcom “Horsin’ Around“, show che gli è valso la fama ed il successo negli anni ’90, si ritrova 18 anni dopo ad essere un cavallo di mezza età cinico e depresso, masticato e risputato dalla macchina macina soldi dell’industria dello spettacolo. Schiavo del suo ego insoddisfatto, perso nella sua villa con piscina in un circolo vizioso di alcool e donne, BoJack tenterà in ogni modo di risalire dal baratro in cui è piombato e tornare alla ribalta. L’autobiografia che la ghost writer Diane Nguyen sta scrivendo su di lui sembra essere l’occasione perfetta per il suo riscatto.

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L’universo, in cui la serie prodotta da Netflix è ambientata, vede coabitare fianco a fianco esseri umani ed animali antropomorfi che assumono i tratti caratteriali delle bestie e che incarnano i vizi propri dell’uomo, come in una moderna favola di Esopo. Così Princess Carolyn, agente ed ex amante di Bojack, è raffigurata da un gatto persiano rosa, suadente ed ammaliante. Mr. Penautbutter, fidanzato di Diane, cane di razza Labrador, è sempre sorridente, fedelmente devoto alla sua compagna. Todd Chavez invece, doppiato nella versione originale da Aaron Paul, l’indimenticabile Jesse Pinkman di Breaking Bad, è il coinquilino abusivo di Bojack che, a differenza del protagonista, è sempre mosso da buone intenzioni quando si tuffa a capofitto in avventure deliranti con la complicità di Mr. Penautbutter.

“Sai, a volte penso che la mia vita sia solo una serie di strane disavventure senza senso”

“Io credo che avere 24 anni significhi questo”

Lo scambio di battute tra Todd e Diane descrive perfettamente il suo stile di vita e forse quello di un qualunque adolescente. I coprotagonisti della serie sono fondamentali tanto per il procedere della storia, quanto per lo scopo di rappresentare una società assurda, schiava del vizio, popolata da personaggi strampalati e complessati, vittime del successo e dello star system, senza risparmiarsi di citare nomi reali, come Naomi Watts o Andrew Garfield.
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BoJack ricorda per molti versi Hank Moody (a sua volta ispirato a Charles Bukowski), il protagonista della serie Californication interpretato da David Duchovny, incapace di replicare il successo del suo primo romanzo, anche lui confinato in un limbo fatto di donne ed alcool, con la speranza di riconquistare Karen, suo eterno amore. BoJack Horseman sembra rappresentare la trasposizione animata del Bukowski dei poveri di Los Angeles e la società illustrata sulle sue tavole non si discosta da quella di Californication, fatta di vizio ed egocentrismo.
La serie, creata da Raphael Bob-Waksbert e disegnata dalla fumettista Lisa Hanawalt, è giunta alla terza stagione con una quarta in produzione, attraverso cambi di registro repentini che toccano picchi di alta comicità, passando per momenti più cupi e di grande introspezione. Con il passare degli episodi il consenso della critica nei confronti di BoJack Horseman è aumentato, fino ad ottenere un voto di 90/100 su Metacritic ed innumerevoli recensioni positive.

“Poi è più facile. Ogni giorno diventa più facile, ma devi farlo tutti i giorni, questo è difficile. Poi diventa più facile.”

Andrea Ruberto