Il dottor Stephen Strange è uno stimato neurochirurgo. Dotato di grande talento professionale e di un ego smisurato, dedica la sua dote esclusivamente al trattamento delle patologie più complesse. A causa di un incidente a bordo della sua auto da corsa finisce per subire gravi danni alle terminazioni nervose delle mani, con il risultato che sarà destinato irrimediabilmente a non poter più svolgere il suo lavoro. Ma Strange non si rassegnerà facilmente, arrivando fino a Katmandu per affidarsi a rimedi “alternativi” e trovare guarigione alla sua malattia. Questo è solo l’inizio di un’avventura surreale che vedrà un neurochirurgo, un uomo di scienza, che ha sempre basato la sua vita su dati empirici, ribaltare totalmente la propria visione della realtà.
Doctor Strange, diretto da Scott Derrickson (regista di pellicole horror come Sinister e The exorcism of Emily Rose), è un piacere per gli occhi e per la mente. Questo supereroe, meno famoso rispetto ad altri suoi colleghi, è una ventata di aria fresca nel panorama attuale nell’universo Marvel, impegnata in un cortocircuito tra superuomini che se le danno di santa ragione.
Più che di veri e propri superpoteri, qui si parla di controllare le leggi della fisica, di modificare il tempo a proprio piacimento, di ribaltare la realtà con la forza della propria mente e della propria fede, attingendo alla dimensione visionaria già vista in Inception, di Christopher Nolan.
Il film è sostenuto da un ottimo cast, cui fa da apripista Benedict Cumberbatch, già noto per la serie tv Scherlock e per aver vestito i panni di Alan Turing in The Imitation Game. Seguono Mads Mikkelsen, Tilda Swinton e Chiwetel Ejiofor.
I 130 minuti che scandiscono il film scorrono godibilissimi sotto i nostri occhi, tra una scorpacciata di super azione, risate e una manciata di Ester Eggs, ridando linfa vitale, se mai ce ne fosse bisogno, al mondo Marvel ed evitando di finire in un loop temporale come quello vissuto dal Doctor Strange nel film.
Andrea Ruberto