Venerdì 10 febbraio ore 18.00 al Teatro San Ferdinando, in occasione delle rappresentazioni dello spettacolo “Mal’essere”, ci sarà la prima presentazione nazionale del libro “Core e lengua. Il rap in Campania e altre storie” di Gaetano Massa e Pino Miraglia. L’introduzione è a cura di Lello Savonardo e le note critiche di Maurizio Braucci, Damir Ivic e Federico Vacalebre.
I fotografi napoletani Gaetano Massa e Pino Miraglia ci offrono in “Core e lengua. Il rap in Campania e altre storie” (pp. 150 a colori – euro 20 – Editrice ZONA), un ricco e affascinante reportage sulle tracce degli artisti e dei gruppi che declinano il rap nella propria lengua madre, il napoletano. Ci sono quelli che hanno raggiunto il grande pubblico – come Clementino, Rocco Hunt, Lucariello… – ma anche molte crew e freestyler dei quartieri e delle periferie. A tre capitoli interamente per immagini si aggiungono: i testi, oltre che degli stessi autori, di Lello Savonardo (Università Federico II), dei giornalisti e critici musicali Damir Ivic e Federico Vacalebre e dello scrittore e sceneggiatore Maurizio Braucci (Gomorra e Reality di Matteo Garrone); otto interviste: a Sha-One, Speaker Cenzou, Lucariello, Nto’, Clementino, Dj Uncino, Op.Rot, Luciano Chirico.
«Gaetano e Pino – scrive Vacalebre – raccontano le tendenze dominanti e quelle stravaganti, le eccezioni multikulturali, femministe, militanti». Come nelle radici del movimento culturale che dal Bronx – negli anni Settanta – invase prima le strade d’America e poi del mondo, anche i rapper napoletani scandiscono in 4/4 il disagio metropolitano e offrono voce a un sentimento del (proprio) mondo che attinge a piene mani alla vita quotidiana. E così Massa e Miraglia non hanno voluto limitarsi alle immagini di scena, pur presenti e di grande impatto: hanno cercato e ritratto gli artisti nel loro ambiente, dove vivono e lavorano, quasi sempre all’insegna della precarietà.
Come scrive Lello Savonardo nell’introduzione, «i nuovi “poeti urbani” (sono) i rapper di ultima generazione che si nutrono della contaminazione dei diversi linguaggi artistici e delle tecnologie digitali, dando vita e voce alla “Bit Generation” che si esprime, comunica, socializza, crea anche attraverso i social media un’inedita narrazione sonora della realtà urbana e sociale», delineando una nuova dimensione di classe.
Maurizio Braucci sottolinea: «mostrare che la dimensione di classe ancora esiste è un contributo contro questa rimozione tendenzialmente reazionaria».
Ester Veneruso