Gli uomini delle Fiamme Gialle hanno eseguito stamane un ordinanza di custodia cautelare in un inchiesta che ha messo alla luce, ancora una volta, rapporti stretti e collusioni tra camorra ed esponenti dello Stato per un giro d’affari di un miliardo di euro.
In un operazione di esecuzione di un ordinanza di custodia cautelare richiesta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e portata con successo a termine dai Militari del Comando provinciale della Guardia di
Finanza del capoluogo campano, stamane all’alba sono finite in manette 47 persone. Il dato più preoccupante che emerge da questi provvedimenti giudiziari è che ben 16 di queste persone finite in manette svolgono funzioni di giudici tributari e che, per l’ennesima volta, vengono smascherate collusioni
vergognose tra camorra ed esponenti dello Stato. Nell’inchiesta (che ha visto coinvolti in larga parte esponenti del cartello criminale dei Fabbrocino) si evince che nell’area del territorio vesuviano e in quello del nolano, in provincia di Napoli, i rapporti tra camorra e enti pubblici erano molto stretti e ben saldi, chiusi a doppia mandata in una relazione di reciproca collaborazione, e cuciti con il filo della corruzione. Ce n’è per tutti i gusti, “collusi di ogni genere o tipo” ad affollare la folta schiera dei corrotti della cosa pubblica: funzionari e impiegati delle commissioni tributarie provinciale di Napoli e regionale per la Campania, un funzionario dell’Ufficio del Garante del Contribuente della Campania, un funzionario dell’Agenzia delle Entrate, un noto docente universitario e persino (e non poteva certo mancare!) un commercialista. Per alcuni indagati da subito è stata disposta la detenzione massima in carcere, per altri la misura degli arresti domiciliari, per altri ancora il divieto di dimora a Napoli. Attraverso le indagini della Guardia di Finanza l’inchiesta si è poi progressivamente allargata ad altre operazioni illecite, fino alla scoperta di ulteriori coinvolgimenti di imprenditori operanti nei settori della commercializzazione del ferro, della compravendita immobiliare e della gestione di alberghi, fino a chiamare in causa giudici tributari e funzionari pubblici, toccando il culmine della vergogna per una camorra che arriva dovunque corrompendo e comprando alleati anche appartenenti ai piani alti dello Stato.
Inquirenti e finanzieri hanno, infatti, accertato che decine di contenziosi tributari sarebbero stati oggetto di episodi di corruzione e che in tal modo si sarebbero risolti in maniera favorevole ai ricorrenti, spesso in chiara ed evidente collusione con la camorra, con gravissimi danni per le casse dello Stato.
Gli uomini delle Fiamme Gialle hanno sequestrato, inoltre, quote societarie, fabbricati, conti correnti bancari, titoli azionari, automobili e terreni per un valore complessivo di un miliardo di euro, e a tutti i coinvolti nell’inchiesta (la maggioranza bloccati in Campania e solo alcune in Lombardia) sono stati contestati i reati che vanno dal concorso esterno in associazione camorristica e riciclaggio fino alla corruzione in atti giudiziari al falso. L’inchiesta sta portando alla luce gli affari che il clan camorristico dei Fabbrocino portava avanti con esponenti dello stato.
«Non abbiamo ancora notizie precise, sappiamo solo che è coinvolto anche un funzionario dell’Agenzia delle Entrate. Ogni commento adesso sarebbe prematuro, attendiamo risvolti da parte della magistratura prima di tirare delle considerazioni affrettate». Proprio il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio
Befera, interpellato a margine di una conferenza stampa dopo i fatti, non si sbilancia più di tanto sull’operazione che ha visto coinvolti anche giudici delle Commissioni tributarie in inchieste che pongono per l’ennesima volta il dilemma sul rapporto tra camorra ed enti pubblici.