Qualche anno fa si pensava alla Sanità come un quartiere degradato ed abbandonato a sé stesso, senza tener conto di quanta ricchezza sia realmente presente nel rione, come la continua presenza e persistenza delle attività tradizionali, tramandate di padre in figlio fin dai secoli scorsi, che ne fanno una peculiarità unica al mondo. Le case, trasformate in fabbriche nelle prime ore del mattino, erano il cuore pulsante dell’artigianato partenopeo. Addirittura, il 90% delle esportazioni mondiali di guanti venivano fabbricate a Napoli.
Alfonso è uno degli ultimi calzolai di Napoli e, ormai in pensione, ripara le scarpe per pura passione. Ci spiega che, al giorno d’oggi, ha una clientela molto ridotta: “vengono 2/3 persone al giorno. Prima di più, ma ora con i cinesi nessuno se le aggiusta più. È raro che mi chiedono di mettere la colla su una scarpa”.
Alfonso ricorda con nostalgia quella che era il Rione Sanità decine di anni fa: un quartiere ricco di fabbriche di guanti, scarpe e falegnameria, in ogni singolo vicolo. Oggi di guantai non ce ne sono più. La forza di Alfonso ha fatto sì che una pietra miliare della storia della Sanità, paragonabile al «Palazzo dello Spagnuolo» o al «Palazzo San Felice», resti e perduri nel tempo, grazie a sacrificio e passione. “Qui passano anche i turisti, si fermano a chiedere e fanno le fotografie. […] È una cosa bella, ma siamo rimasti in pochi”. Un piccolo appagamento che giova allo storico calzolaio, in una posizione di costante equilibrio, spesso instabile, in tempi sempre più veloci, diversi e poco scontati. La bottega di scarpe è la casa di Alfonso, la casa di Alfonso è la storia di tutti.
Salvatore Esposito