E adesso con chi se la prenderanno? Con la sfortuna? Con gli errori arbitrali o con chissà chi per giustificare l’ennesimo scempio visto al San Paolo contro l’Atalanta di Colantuono? Ci avevano detto che era tutto apposto, che la squadra era compatta e unita e soprattutto decisa a tentare la rincorsa al terzo posto champions o almeno a cercare di vincerle tutte per riaprire i giochi, e che gli ultimi risultati erano solo figli della jella e della stanchezza di qualche elemento che aveva bisogno di rifiatare. Il riscatto sarebbe arrivato pronto e veloce, dopo quelle due trasferte maledette con zero punti raccolti, e nella roccaforte azzurra, in quel San Paolo che non vedeva l’ora di riappropriarsi del proprio inno (scippato indegnamente a Torino e Roma) per cantarlo a squarciagola in segno di successo.
Così non è stato, purtroppo. Arrivata l’ennesima sconfitta che ha aperto ufficialmente la crisi del Napoli, involuzione di gioco ma soprattutto di risultati. Ma è troppo facile fare processi stasera, la cause sono da ricercare a qualche settimana fa quando ancora si sentiva l’eco della musichetta continentale. Infatti dopo l’uscita dal palcoscenico europeo, nella balorda levataccia di Londra, contro il Catania al San Paolo iniziavano a cadere i primi sospetti e si buttavano due punti al vento a venti minuti dalla fine col doppio vantaggio in cassaforte. Con la Juventus andava in scena il secondo atto di una commedia dell’assurdo degna del midglior Ionesco, una resa senza lotta inspiegabile e oltremodo deludente per il popolo tifoso con tre schiaffi incassati senza reazione alcuna. In quell’occasione ci hanno detto che l’avversario era troppo forte: mica si può battere a casa propria la principale pretendente allo scudetto? Non diciamo eresie, suvvia! E con la Lazio pretendente diretta alla coppa campioni? Lì gli azzurri hanno fatto harakiri e (degnamente) da sparring partner ad un avversario in cerca di una vittoria da una vita e che non poteva sperare di trovare un Napoli peggiore. Solo ad Udine la reazione rabbiosa del Matador – oggi irriconoscibile – e la superiorità numerica avevano evitato il peggio, ma anche in Friuli i primi segnali di cedimento si avvertivano pesantemente.
Il resto è storia contemporanea, amara attualità di appena qualche ora fa. Al San Paolo arriva l’acciaccata Atalanta del tanque Denis: due sconfitte negli ultimi cent’ottanta minuti, addirittura sabato gli orobici erano caduti in casa con il pericolante Siena. Quale occasione per interrompere un digiuno di quattro partite e riprendere confidenza con la vittoria? E invece anche i nerazzurri escono vincitori contro un deludente e spento Napoli, attizzato solo da un lottatore come il Pocho Lavezzi che si danna e corre invano fino al termine della gara senza trovare la collaborazione dei compagni. La gara finisce tre a uno per i bergamaschi che avrebbero potuto segnare almeno in altre due circostanze e il Napoli perde (per l’ennesima volta) la faccia e la partita contro un modesto avversario.
Ironia della sorte l’inaspettato capitombolo arriva quando le (0rmai ex) antagoniste alla zona champions perdono colpi: Lazio e Udinese si fermano anche stavolta e il Napoli – come tradizione e consuetudine vuole in questa stagione – non sa approfittarne per dimezzare il distacco dal terzo posto tanto che persino la Roma mette la freccia e supera con le marce basse gli azzurri ormai da troppe domeniche fermi ai box. I fischi di fine partita e i cori – non o’ surdato ‘nnammurato ma il più tradizionale “andate a lavorare” – minacciosi dei tifosi rappresentano l’esatta istantanea del momento: il Napoli è scoppiato, resta da capire se solo fisicamente o anche mentalmente e se i big hanno la volontà di rimanere all’ombra del Vesuvio o iniziano a farsi distrarre da sirene europee e da ingaggi da sceicchi.
A questo punto della stagione il distacco – sempre sei lunghezze dalla Lazio ma con una concorrente il più (la Roma) e una partita in meno (6 rimanenti) il cammino degli azzurri sembra ormai segnato e senza troppe speranze di rimonta. Troppe le occasioni buttate al vento, troppa poca la convinzione di recuperare il terreno perso. Poi nel calcio può sempre succedere tutto e il contrario di tutto, con clamorose rimonte e risultati imprevedibili, anche se ad oggi il Napoli non lascia troppe speranze. La finale di Roma contro la Juventus sembra ancora lontana, il tempo per recuperare energie fisiche e mentali c’è. Il Napoli deve provare a riaffilre gli artigli e a correre come prima perchè nonostante tutto c’è ancora una coppa da conquistare.