Ieri sera, durante la conferenza post-partita, Gennaro Gattuso si è assunto le responsabilità della sconfitta contro il Milan. C’è una frase, però, che balza all’orecchio: “Bisogna ragionare da squadra, invece ci perdiamo in discorsi da bischeri e non mi piace. Non dobbiamo pensare all’io, ma dobbiamo pensare a noi”.
Secondo il mister, ciò che manca ai calciatori è la coesione, lo spirito di squadra. Un problema che si è verificato anche l’anno scorso nella gestione Ancelotti. Con l’arrivo di Gattuso, però, sembrava risolto quest’aspetto, anche perché trasmettere la grinta è la sua migliore qualità.
La sensazione è che col Rijeka, giovedì, qualcuno dei titolarissimi si accomodi in panchina, se non in tribuna. Il pugno duro può essere una soluzione, e l’allenatore azzurro non è nuovo a tali provvedimenti. Nella stagione passata toccò al senatore Allan, poi venduto all’Everton poiché fuori dal progetto. L’8 novembre furono Mario Rui e Ghoulam a non essere convocati, dato che “non erano sul pezzo”.
Manca forse la figura del condottiero, del leader che plachi gli animi dei singoli ed esalti l’unità di gruppo. Una squadra non è formata da 11 individui, bensì da un gruppo coeso, che funge da ingranaggio per far funzionare l’intera macchina.
Infine, ma non meno importante, è la questione del modulo. La squadra è costruita per giocare col 4-3-3. C’è chi pensa che il cambio di schema sia dovuto all’innesto di Osimhen, ma le qualità dei calciatori del Napoli non permettono di utilizzare sempre questo modulo. Che si ritorni, dunque, al vecchio e caro 4-3-3. Mertens sarà l’alternativa ad Insigne, Petagna ad Osimhen e Lozano e Politano a contendersi un posto sulla fascia destra.
A conferma di ciò, i centrocampisti non a caso sono sei: Fabian, Zielinski, Bakayoko, Elmas, Demme e Lobotka. Carlo Ancelotti fu esonerato perché adattava calciatori e non sfruttava il miglior modulo possibile. Furono acquistati due registi per tornare ai tre di centrocampo. Perché allora stravolgere l’intero progetto?
Salvatore Esposito