Tra le innumerevoli donne che con la loro arte e professionalità hanno riempito di orgoglio la nostra terra, Sophia Loren merita senz’altro un elogio a parte. Una carriera lunga e brillante, la sua, coronata anche da due Oscar, oltre che da tantissimi altri prestigiosi premi.
Carriera che l’ha vista protagonista di fianco a celebri attori non solo nostrani, basti pensare a Marlon Brando e Cary Grant, per esempio, e lungo la quale è stata diretta dai più famosi registi. Quello che meraviglia ancora di più è che la Loren, che di anni ne vanta 86, si sia rimessa in gioco. A riportarla sullo schermo, dopo dieci anni, e dirigerla per la terza volta, è stato suo figlio Edoardo Ponti, affidandole un ruolo intenso e delicato al contempo. Il film in questione è “La vita davanti a sé”, tratto dal romanzo omonimo di Romain Gary.
A lei è stato affidato il ruolo di una donna di origine ebrea, sopravvissuta ai campi di concentramento ma che conserva gli orrori di quei giorni fissati indelebilmente nella sua mente. E anche sulla pelle, essendo stata marchiata con dei numeri come tutti i prigionieri dei campi. I primi piani sul suo viso, sullo sguardo dolente e indurito, hanno evidenziato la potenza della sua espressività, regalando una recitazione perfetta. Proprio grazie a questa intensa interpretazione ha ricevuto la candidatura per la categoria “miglior attrice protagonista” ai prossimi David di Donatello.
Le è stato inoltre conferito dai Giornalisti Cinematografici, nell’ambito dei Nastri d’Argento, un premio speciale ideato apposta per lei, Il Nastro di platino. Speciale e unico proprio perché irripetibile. Una soddisfazione non da poco per la nostra Sophia, nata a Pozzuoli (terra alla quale è rimasta legatissima) e divenuta in breve tempo cittadina del mondo. E a proposito di Pozzuoli e del legame dell’attrice con la sua terra d’origine, abbiamo pensato di chiedere a Paolo Lubrano, “puteolano doc”, ideatore del Premio Civitas, produttore e autore di un libro dedicato alla Loren, “Portandomi dentro questa magia”, qualcosa che confermasse l’attaccamento a questo suo luogo natio.
“In occasione del Premio Civitas 2005, a lei assegnato, Sophia tornò a Pozzuoli dopo circa trent’anni. Quando finì il consiglio comunale durante il quale le consegnammo nuovamente la cittadinanza onoraria di Pozzuoli che aveva perso, le facemmo visitare il percorso archeologico del Rione Terra. Prima di tale percorso, ci affacciammo su di un terrazzo a strapiombo sul mare che lei conosceva bene per esserci stata tante volte da ragazza a fare bagni. L’emozione fu molto forte e le luccicarono gli occhi. Fu in quel momento che pronunciò la frase poi riportata dai media di tutto il mondo: “Maronna..chest’è a terra mia”. Fu un momento emozionante per tutti.
E a quelli che in passato hanno criticato Sophia accusandola di avere dimenticato la sua terra di origine, voglio dire che quando i suoi due figli, nati e cresciuti all’estero, sono venuti a Pozzuoli, conosco bene entrambi, sapevano tutto di quei luoghi per avergliene parlato proprio la madre. Oltre ad avermi confessato che quando si arrabbia, Sophia lo fa in puteolano”.
Ruben Zaccaria