È passato più di un decennio da quando la Dieta Mediterranea è divenuta Patrimonio dell’UNESCO. Il 16 novembre 2010 viene finalmente inserita nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, su proposta di Italia, Spagna, Grecia e Marocco, definendola “un insieme di competenze, conoscenze, tecniche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, che nel bacino del Mediterraneo hanno a che fare con le coltivazioni, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione, e, in particolare, il consumo di cibo”.
La Dieta Mediterranea fa risalire le sue origini al territorio cilentano, ma in pochi sono a conoscenza che il termine fu coniato, e difatti tale modello fu messo a punto, da Ancel Keys, il più grande esperto nutrizionista del Novecento. L’esperto professore americano arrivò a Napoli nel dopoguerra e rimase impressionato dai tassi di longevità campani, che superavano del 15% quelli statunitensi. Arrivò a stabilirsi a Pioppi, convinto che il modo di vivere e mangiare di contadini e pescatori, insieme all’aria incontaminata che si respirava in quei luoghi, fosse il motivo di tale longevità. Un’alimentazione a chilometro zero, di qualità altissima, senza escludere pasta e pane, e aggiungendo ad essi verdure, olio extravergine d’oliva, frutta e legumi. Tale alimentazione non è di certo un’invenzione dello studioso, ma fu grazie alla sua intuizione, e a quella di sua moglie, che le parole “dieta” e “mediterranea” furono messe insieme, scrivendo a tal proposito un libro intitolato How to eat well and stay well: The Mediterranean way. Un primo passo di un lungo percorso che, ad oggi, vede la Dieta Mediterranea inserita, come sopra riportato, all’interno della Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dell’UNESCO, ma non solo. La FAO l’ha inclusa tra i modelli agroalimentari più sostenibili del pianeta e l’OMS l’ha riconosciuta come uno dei regimi nutrizionali più salutari.
Una dieta che non si limita ad aiutare a mantenersi in forma, ma che contribuisce in maniera più ampia alla salute dell’uomo: tale alimentazione previene la sindrome metabolica, ovvero l’insieme delle condizioni che mettono a rischio il soggetto nell’ambito di problemi cardiovascolari. Allo stesso tempo la Dieta Mediterranea abbraccia la tavola nel suo significato più ampio: tra le motivazioni dell’inclusione nella sopracitata lista, viene sottolineato come “Mangiare insieme è la base dell’identità culturale e della continuità delle comunità nel bacino Mediterraneo, dove i valori dell’ospitalità, del vicinato, del dialogo interculturale e della creatività, si coniugano con il rispetto del territorio e della biodiversità”. Il gusto della convivialità, alla base di un’alimentazione salutare e sostenibile, che si pone come modello dell’Agenda ONU 2030, per un futuro sano, per l’uomo e per l’ambiente.
Ruben Zaccaria