Un luogo di preghiera e spiritualità intorno al quale si confondono religiosità, fede, e ancora una volta leggende. Sono migliaia infatti i pellegrini in visita al Santuario di Montevergine per invocare “Mamma Schiavona” in occasione della tradizionale processione della Festa della Candelora, che si celebra il 2 febbraio. Un appuntamento con i fedeli di tutta la regione, e non solo, che dalla prima metà del XII secolo si rinnova ogni anno al Santuario di Montevergine. Il ciclo di celebrazioni mariane delle “Sette Madonne” che va dal 2 Febbraio al 12 Settembre si apre proprio con la Candelora e si chiude con la A‘Juta a Montevergine, pellegrinaggio attraverso il sentiero della vecchia mulattiera.
Venerata in tutto il sud Italia e all’estero, da secoli il culto di Mamma Schiavona viene tramandato anche a Napoli, come testimonia Giuseppe Marotta nel celebre “L’Oro di Napoli”. Narra la legenda che lungo il sentiero giovani donne innamorate intrecciassero dei nodi tra le ginestre, per chiedere alla Madonna di realizzare il loro sogno.
La Candelora però oltre alla tradizionale cerimonia della benedizione delle candele (da cui prende il nome) e dalla presentazione di Gesù al tempio, da diversi secoli è diventata il simbolo della lotta dei diritti degli omosessuali. Si racconta che la cosiddetta “Juta dei femminielli” risalga in realtà al 1200, periodo in cui una coppia di giovani omosessuali venne cacciata dalle mura del tempio di Cibele, dove oggi sorge il santuario, una volta scoperto il loro amore.
Da quasi mille anni quindi una schiera di fedeli, gay, transgender, travestiti, nel “Candelora Day” si reca dalla Madonna per chiederla una grazia intonando canti popolari, a ritmo di nacchere e tammorre. Anche quest’anno, nonostante la neve e le difficoltà per raggiungere il santuario, i pellegrini “femminielli” guidati dalla potente voce di Marcello Colasurdo hanno festeggiato con gioia ed entusiasmo la Madonna della diversità. Una sintonia tra sacro e profano dunque che alla fede e alla spiritualità cristiana accosta la necessità di riflettere, di riscoprire la nostra voglia di umanità.
All’interno della Basilica una straordinaria opera d’arte accoglie i devoti: nella cappella Angioina la storica icona della Madonna, accostata alla Diana di Efeso e conosciuta come Mamma Schiavona per via della sua pelle scura. Il dipinto ha una particolarità: gli occhi della Vergine sembrano guardare tutti i fedeli, in qualsiasi posizione si trovino. Storie e miti popolari riconducono l’origine della tela a San Luca. Secondo la tradizione, il dipinto sarebbe stato completato alcuni anni più tardi da Montano d’Arezzo per volontà di Caterina II di Valois, moglie del principe d’Angiò.
Un’altra tradizione folkloristica riguarda sempre i devoti partenopei: si tratta della cosiddetta “arretanata”, gara tra carri sulla strada del ritorno, accompagnata spesso dalla “cantata ‘a figliola”, una sfida a suon di mandolino sui miracoli compiuti dalla Madonna.