Tribunale di Napoli, caos, disorganizzazione, super lavoro per giudici ed avvocati, per cancellieri ed assistenti, tanti i procedimenti da seguire nelle aule civili, come in quelle penali.
A questo disegno già abbondantemente articolato e disordinato, si aggiunge la mancanza di fiducia nella giustizia da parte dei cittadini.
In primis per quel senso di discrezionalità che spesso aleggia nell’aria di chi sente che, per il proprio caso, si applica la prassi e non già una soluzione risultante da fatti concreti sanciti e tutelati dagli articoli nei codici (civile e penale), e poi ancora per l’abitudine dilagante di vedere magistrati, avvocati, psicologi e professionisti a vario titolo, collaborare tra loro a convegni, aule, dibattimenti e poi ritrovarsi a dover essere super partes in procedimenti delicati, quali ad esempio l’affido di minori, l’attestazione di idoneità alla genitorialità o un risarcimento danni…
Ben vengano tali iniziative sociali e confronti didattici tra professionisti di indiscusso calibro, ma chi di voi non aspirerebbe ad essere difeso da un avvocato che conosca bene il giudice, lo psicologo, il perito a qualsiasi titolo, in una causa civile o penale che sia?
Che si tratti di un processo per omicidio, di un affido di minori, di un risarcimento danni, chi di voi si sentirebbe giustamente ed equamente giudicato e tutelato nei propri diritti, ove si trovasse ad essere difeso dall’avvocato che, viceversa, non conosca alcuno dei suddetti soggetti e che magari sia ancora troppo giovane per essere ben inserito in quell’ambito?
Eppure una regola, se non altro etica, dovrebbe indurre il perito, il giudice o l’avvocato, a dichiarare la propria conoscenza personale dell’una o l’altra parte e rinunciare all’incarico ricevuto, a Napoli, come nel resto del mondo.
Chi, infatti, non si sentirebbe tutelato ed avvantaggiato da quell’avvocato che condivida con giudici e periti, convegni, aule ed iniziative sociali che accrescano la conoscenza, la fiducia e la stima degli uni verso gli altri?
Non si vuol mettere in discussione la professionalità di alcuno, ma neanche si può prescindere dalla possibilità che tale conoscenza possa condizionare, e di fatto condizioni, l’opinione del giudice o del perito, a favore dell’assistito dell’amico e collega avvocato da loro conosciuto e stimato; se non altro perché, in quanto esseri umani, prima ancora che professionisti, si è fallibili, condizionabili e conseguentemente prevenuti verso la parte sconosciuta nella persona dell’altro avvocato e del suo assistito.
Quante volte è accaduto che qualcuno abbia rinunciato all’incarico per quel senso etico che dovrebbe essere proprio di chi dovrebbe garantire i nostri diritti?
Se si andasse a curiosare tra i tanti faldoni, custodi di miriadi di procedimenti, a Napoli, come nel resto del mondo, secondo voi, quante volte incroceremo gli stessi nomi, gli stessi periti, gli stessi professionisti i cui nomi abbiamo letto sui volantini che sponsorizzano convegni, aule ed iniziative sociali, che sponsorizzino centri antiviolenza o mediazioni familiari? Chi garantirà a tutti noi ciò che dovrebbe essere già sancito per legge: un equo processo, un equo giudizio?! Professionalità, onestà, imparzialità sono indubbie, se indubbia è l’estraneità delle parti demandate a decidere della nostra vita…perché di questo si tratta.
Una canzone di Pino Daniele ci ripeteva: “Napule è a voce de’ criature che saglie chianu chianu…Napule è ‘na carta sporca e nisciuno se ne importa…”. A tutti noi importa, di quella voce e di Napoli…ed è giusto garantire imparzialità in quelle aule dove spesso, un eventuale errore di giudizio, potrà essere pagato proprio dai più indifesi, i nostri figli!
Mina Guarracino