Da pochi giorni è arrivato in libreria il nuovo e atteso romanzo di Diego De Silva “Sono contrario alle emozioni”, pubblicato da Giulio Einaudi editore.
L’autore napoletano trapiantato da alcuni anni a Salerno, vanta numerosi romanzi di successo, i suoi testi infatti sono stati tradotti in Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo, Olanda, Germania e Grecia. Il suo primo libro La donna di scorta (1999), seguito poi da Certi bambini (2001, premio selezione Campiello, finalista premio Viareggio), Voglio guardare (2002), Da un’altra carne (2004),Non avevo capito niente (2007, Premio Napoli, finalista allo Strega) e Mia suocera beve (2010).
Dal romanzo Certi Bambini nel 2004, i fratelli Frazzi hanno tratto l’omonimo film, vincitore di numerosi premi tra i quali l’Oscar europeo e due David di Donatello. Prima di essere uno scrittore De Silva è anche un avvocato, poi autore, sceneggiatore per il cinema e la tv, giornalista, collabora con il Mattino e con il mensile Il Giudizio Universale; i suoi racconti fanno parte di diverse antologie e sono apparsi su diverse testate nazionali, tra cui Il Corriere della Sera e L’Espresso.
In Certi Bambini, De Silva racconta la storia di bambini che vivono in famiglie disagiate, nella periferia della città, che nonostante la voglia e gli sforzi non riescono a vivere in maniera diversa e a ribellarsi all’ambiente che li circonda. Possiamo dire che con questa opera, concreta, sofferta e sempre molto attuale, l’autore si può considerare uno dei precursori del genere; ha aperto la strada alla narrativa di denuncia, cha ha come argomento principale la lotta alla camorra.
Con una scrittura carica di emozioni, a volte cinica e fredda, un linguaggio forte, secco, sempre distaccato, non ripropone i luoghi comuni del Sud ma racconta città e personaggi della nostra contemporaneità, a volte senza nemmeno citare i nomi delle città in cui sono ambientati i racconti, anche se spesso sono riconoscibilissime.
“Sono contrario alle emozioni” rappresenta l’ultimo capitolo della saga che vede protagonista il simpatico avvocato napoletano Vincenzo Malinconico, quarantaduenne, semi-disoccupato, semi-divorziato, riflessivo, alle prese con le sue vicende personali, con i propri sogni, con la difficoltà di arrivare a fine mese, con il difficile confronto in tribunale.
In questa nuova avventura l’avvocato- filosofo, ogni mercoledì, si trova alle prese con uno psicoterapeuta. Ha molti problemi ma li nasconde agli altri e soprattutto a se stesso, è come sempre ironico ma schivo, bugiardo, provocatore, non è disponibile ad aprirsi per seguire la terapia, non riesce a comportarsi da paziente.
Malinconico non si fida dello psicoterapeuta, cerca di difendersi come può, di fare tutto da solo e nello stesso tempo si pone tante domande, consapevole di non poter dare alcuna risposta sensata. Perché l’improvviso desiderio di prendere un cane? Perché la voglia improvvisa di contribuire al risparmio energetico? Tra le continue domande sulla portata avanguardistica di Raffaella Carrà, o
sulle metafore che contiene una palma mozzata, le recensioni di vecchie canzoni e film che commuovono, di eventi e persone, emergono differenti stati d’animo; malinconia, emozioni, entusiasmo, desiderio di felicità, delusioni d’amore.
Nonostante quel sorriso ironico e amaro, il libro di De Silva spinge alla riflessione, è un libro intenso, suggestivo, che analizza l’universo e l’emotività del protagonista, attraverso quella sorta di indifferenza e comicità che si avvicina molto all’umorismo di Pirandello. L’autore tipizza l’orginale e sgangherato Malinconico e ne fa così uno dei personaggi più apprezzati e significativi della letteratura italiana contemporanea.